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Ritchey Timberwolf – Test – Archivio MBW

Ritchey Timberwolf – Archivio Mountain Bike World 12/2015

Test: Francesco Maggiorelli
Foto: @MarianoSpinelli

Era tanto tempo che non ci capitava di provare una hardtail con una notevole escursione anteriore e per fortuna l’occasione si è presentata nel migliore dei modi, cioè con la riedizione della Timberwolf della leggenda Tom Ritchey. Il mitico Tom aveva pensato nel lontano 1984 di introdurre una mountain bike tuttofare e lo fece appunto con una bici che battezzò Timberwolf; se ne volete vedere una originale degli anni ’80 se ne trovano su Google Immagini, ad esempio ce n’è un bell’esemplare del 1987 sul sito mombat.org (Museum of Mountain Bike Art & Technology) appartenente ad una collezione di mountain bike vintage fra le più ricche mai viste.

Il nome Timberwolf in inglese identifica sostanzialmente quello che noi chiamiamo “lupo grigio” o “lupo delle foreste” e la parola Timber in particolare indica il “legname”; Timberwolf è il nome con qui quindi Tom volle, e vuole ancora oggi, identificare una bici perfetta per affrontare escursioni avventurose nel cuore dei boschi, un po’ come fa il lupo. L’acciaio era una scelta obbligata, perché in acciaio sono tutti i suoi telai, anche se Ritchey ha sperimentato tutti i materiali possibili, ma solo per il suo ricco catalogo di componentistica. Oggi i telai per mountain bike “classica” sono tre, ovvero il P-650b, il P-29er (per forcelle da 100 mm questi primi due), il Timberwolf di cui vi parliamo in queste pagine (per forcella da 140 mm), affiancati da altri due modelli con destinazione d’uso più di nicchia come l’Ascent e il Commando, una adventure bike la prima per ruote fino a 27,5”x2,1” o 700x40c, che offre moltissimi supporti per portapacchi, e una fat bike per ruote da 26”x4” la seconda.

Il telaio

Acciaio è ovviamente la parola d’ordine per questo bel prodotto che ci riporta da un certo punto di vista indietro nel tempo, ma che è anche molto moderno nell’interpretazione del tema “All Mountan Trail Bike”, che è poi la definizione esatta che Tom Ritchey dà di questa Timberwolf nel catalogo 2016. Le tubazioni della bici sono delle Ritchey Logic II a triplo spessore; quelle del triangolo principale (su un telaio del genere il “triangolo” è piuttosto evidente) sono tutte a sezione tonda e di diametro certo non molto imponente rispetto a quello che vediamo sui telai in alluminio idroformato o in carbonio. Il tubo di sterzo è ricavato per forgiatura ed è conico, risultando molto leggero rispetto a quello che si poteva ottenere con differenti lavorazioni; alle sue estremità aumenta ulteriormente di diametro per ospitare i cuscinetti della serie sterzo integrata.

Ritchey Timberwolf

Il tubo di sterzo, a differenza di qualsiasi altro telaio, è forgiato; conico, presenta gli invasi differenziati per la serie sterzo semintegrata prodotta dalla stessa Ritchey. I passacavi sono tutti esterni.

I profili di top e seat tube sono perfettamente dritti, mentre il down tube assume la tipica curvatura, ormai diffusa su praticamente ogni bicicletta, poco prima di arrivare sul tubo di sterzo, con il doppio scopo di creare maggiore spazio per la testa forcella e per irrobustire questo nodo importante del telaio senza bisogno di fazzoletti, o gusset come li chiamavamo tanti anni fa, di rinforzo. Il carro posteriore è composto da foderi verticali più sottili degli orizzontali, a sezione tonda e leggermente sagomati/curvati verso i forcellini per rendere il carro leggermente più morbido e, nel caso del lato sinistro della bici, anche per creare il giusto spazio per la pinza del freno posteriore, interna ai foderi, composta da una sorta di traversina con i due fori post mount, e dimensionata per un disco da 180 mm senza bisogno di adattatori, scelta questa che caratterizza in modo deciso il telaio e ne chiarisce immediatamente la destinazione d’uso.

Ritchey Timberwolf

A confermare l’indole gravity del telaio Timberwolf è l’attacco del freno posteriore, adatto a montare il rotore da 180 millimetri senza adattatore. I forcellini sono sostituibili per la battuta tradizionale da 135.

I foderi orizzontali sono di sezione maggiore, allungata verticalmente, verso la scatola del movimento centrale e si assottigliano diventando a sezione tonda verso i forcellini, come i verticali; sia i verticali che gli orizzontali sono dotati, verso la testa, di un ponticello di rinforzo e la loro forma è stata calibrata per accettare coperture fino a 2,4” di larghezza. L’asse posteriore viene ospitato su dei forcellini sostituibili e compatibili sia con quello da 12×142 mm (fornito di serie) che con il più classico asse a sgancio rapido da 135 mm di larghezza. I passaggi dei cavi sono tutti esterni al telaio, su top tube e foderi verticali, con l’eccezione del passaggio per il cannotto reggisella telescopico, composto da un tratto esterno al telaio lungo il down tube e un tratto interno dentro al seat tube (con diametro interno da 30,9 mm), per poter montare i modelli con condotto/guaina “nascosto”.

Ritchey Timberwolf

I tubi del triangolo centrale sono rigorosamente a sezione tonda, la scatola è la standard a passo inglese da 73 millimetri; unica nota atipica – ma non per una bici del genere – è l’ingresso del cavo a scomparsa per il reggisella telescopico.

La componentistica

Il Timberwolf viene venduto come solo telaio, ma per il nostro test ci è stato fornito assemblato in una possibile configurazione, chiaramente con molta componentistica della stessa casa; di Ritchey dunque troviamo la serie sterzo, l’attacco e la curva manubrio, il cannotto reggisella e la sella e infine ruote complete e coperture. Queste ultime sono un nuovo prodotto 2016, ovvero l’accoppiata Trail Bite e Trail Drive, anteriore e posteriore. Sono state progettate con una carcassa piuttosto larga (57 mm/2.25”), adatta ai nuovi cerchi che sono mediamente sempre più larghi, 25 mm di canale interno nel caso specifico delle ruote WCS Trail 27.5 su cui sono montate su questa Timberwolf. Ben si sposano dunque con la destinazione d’uso di questa bici e perfette per offrire un notevole volume d’aria che possa ammorbidire il contatto con il terreno, soprattutto al retrotreno visto che ci troviamo su un telaio hardtail. La scolpitura di queste gomme, di tipo direzionale, è stata nuovamente disegnata seguendo i dettami della Vector Force Analysis, ovvero l’analisi di tutte le forze che gravano sulle coperture nelle varie condizioni per dare forma ai tasselli in base alla direzione predominante di queste forze a seconda dell’angolo di inclinazione in curva e quindi in base alla posizione dei tasselli, dai centrali fino a quelli più esterni. Il modello Trail Bite si può utilizzare anteriormente o posteriormente, ma tendenzialmente ha come punto di forza la tenuta in curva, ottimo dunque per la ruota anteriore, mentre il Trail Drive, anche grazie ad una mescola più morbida, è pensato soprattutto per offrire molta trazione ed è dedicato alla sola ruota posteriore. Quelli montati sulla nostra Timberwolf, sono in versione WCS, tubeless ready con carcassa da 120 tpi. La bici è poi montata con una trasmissione Sram GX 1×11, freni Sram Guide R e una forcella RockShox Revelation RL; quest’ultima è un modello con steli da 32 mm per 150 mm di escursione. Utilizza idraulica Motion Control DNA con Dig Valve e rebound Rapid Recovery e in questa versione RL è regolabile nel rebound e nella compressione low speed fino al blocco, nonché nell’escursione grazie al sistema Dual Position Air che permette di abbassarla di 20 mm. Per il nostro test abbiamo montato un cannotto reggisella telescopico, accessorio fondamentale per questo tipo di bici; non siamo del resto di fronte ad una hardtail da XC, ma ad una bici pensata per affrontare terreni piuttosto tecnici e al giorno d’oggi il cannotto telescopico è imprescindibile. Il telaio costa 1.296,00 €, prezzo comunque importante per un telaio in acciaio, ma è pur vero che ci ritroviamo fra le mani un oggetto realizzato con materiale di ottima qualità e finiture di pregio, fatto per durare a lungo e che non dovrebbe neanche perdere troppo di valore, come capita un po’ a tutti i marchi più prestigiosi.

Come ci è sembrata

Anche la Timberwolf ha richiesto un minimo di setup, nonostante l’assenza di sofisticati sistemi di sospensione posteriore, ma niente che ci abbia messo in difficoltà; è bastato controllare la pressione della forcella e delle gomme e ci siamo trovati pronti ad affrontare terreni tecnici e sentieri degni delle migliori full da Trailbiking e All Mountain; eh sì, perché questo è il terreno per cui la Timberwolf è stata progettata. Anche la geometria del telaio fa ben sperare con misure che ricordano molto da vicino quelle che troviamo su bici con simili destinazioni d’uso, ma con sospensione anche al retrotreno. Il passo e l’avantreno sono abbastanza lunghi con 1120 mm per il primo ed un top tube da 595 mm e angolo di sterzo da soli 64°, così come l’attacco e la curva manubrio sono stati dimensionati rispettivamente a 70 e 780 mm, quindi appena si sale in sella ci si ritrova subito a proprio agio se si è abituati a delle moderne full suspended. Per quel che riguarda quote e misure è pur vero che, trattandosi di un telaio hardtail, il sag comporta una verticalizzazione degli angoli dato che si abbassa solo l’avantreno facendo perno sulla ruota posteriore e quindi si ritorna a valori più “normali”, comunque particolarmente orientati alla guida tecnica in discesa, ma meno estremi di quelli misurati a bici ferma. La posizione in sella sembra dunque non troppo differente da quello a cui ci siamo abituati con le più recenti full suspended da Trailbiking e All mountain; in salita l’avantreno è ben piantato per terra e abbastanza preciso da condurre grazie al top tube ben dimensionato. Si riesce a guidare la bici con discreta precisione e senza troppa fatica, con solo un leggero sbacchettamento dello sterzo dovuto all’angolo comunque molto rilassato. Chiaramente la spinta sui pedali è molto efficace grazie al carro rigido e ogni pedalata trasmette tutta la spinta alla ruota posteriore. Quel minimo di dondolio che può essere dovuto alla forcella è facilmente eliminabile grazie al comando remoto OneLoc (è quello più recente, molto comodo, sembra un trigger shifter), purtroppo però non funzionava sul nostro esemplare, quindi non abbiamo potuto beneficiarne; fra l’altro la forcella è abbassabile a 130 mm dai 150 mm di escursione massima e quindi gli angoli diventano più favorevoli alla guida in salita (e lo sterzo torna ad essere meno propenso ad alleggerirsi).

Quando si comincia ad aumentare la velocità e a pedalare in piano o in discesa la Timberwolf fa vedere di cosa è capace una moderna hardtail e di cosa è capace un materiale come l’acciaio: prima di tutto la geometria è perfettamente calibrata per aggredire con decisione il sentiero, dritto o tortuoso che sia (su curve troppo strette si fa un po’ più di fatica a stringere bene la traiettoria per via dello sterzo molto rilassato), e poi l’acciaio restituisce una sensazione di assorbimento delle asperità per un carro rigido che non ha rivali nell’alluminio, nel titanio o nel carbonio. È evidente che se si è abituati ad un carro ammortizzato bisogna cambiare un po’ lo stile di guida: su una hardtail si tenderà a stare con il peso leggermente più spostato in avanti e a fare maggiore attenzione a dove passa la ruota posteriore, si lavorerà più del solito con le gambe per assorbire gli impatti che gravano sul retrotreno e forse si sceglierà con più attenzione la traiettoria, sapendo che non si può passare di peso e senza alcuna remora su una roccia con la ruota posteriore della Timberwolf. Quando questi princìpi ci entrano in testa e diventano parte del nostro stile di guida, questa hardtail ci permette di fare più o meno tutto quello che facciamo con una bici da Trail/AM; a noi è bastato veramente poco per abituarsi e non abbiamo mai, veramente mai, avuto problemi di impatti troppo gravosi per il carro posteriore. Una volta che la ruota anteriore era passata sull’ostacolo, la posteriore seguiva accompagnata da un lavoro ammortizzante delle gambe e si procedeva oltre. È stato abbastanza facile e intuitivo anche affrontare tratti abbastanza ripidi; qui la bici ha risposto sempre con una notevole stabilità e non ci ha mai messo in difficoltà. La componentistica montata non è particolarmente indicativa visto che viene venduto solo il telaio, ma ogni cosa ha funzionato come si deve, dalla trasmissione Sram 1×11 ai freni Guide R, sempre di Sram. Le ruote Ritchey sono sembrate piuttosto rigide e le nuovissime gomme Trail Bite e Trail Drive si sono comportate molto bene in condizioni di asciutto, unica condizione che abbiamo trovato durante il test grazie ad un meteo sempre molto favorevole. Hanno sempre garantito quanto promesso: ottima trazione dietro e altrettanto buona tenuta in curva, e nella guida veloce in discesa in genere, per la gomma anteriore.

Tom Ritchey: all about steel

Qual è la differenza tra un telaio Ritchey della serie P di 25 anni fa e quelli oggi in catalogo?

TOM RITCHEY: Le mtb della serie “P” iniziarono con la P-23 (il numero indicava il peso della bici ìn libbre) del 1989, è la storia dei tubi Logic. Conoscevo bene il valore dell’acciaio e i suoi vantaggi, volevo costruire bici che potessero gareggiare ai massimi livelli. L’agonismo mtb non aveva più confini, si correva in tutto il mondo e stava diventando popolarissimo, tecnologia e marketing ci si tuffarono. I grandi marchi stavano sperimentando i telai con i grossi tubi in alluminio, quelle bici pesavano sulle 25 libbre (454 grammi a libbra,11kg e 350 grammi circa), e quando Don Myrah si presentò a una importante gara a Mammoth con la Ritchey da 23 libbre (quasi un chilo in meno) e arrivò primo, l’impressione fu enorme. Era la prova che l’acciaio poteva competere con l’alluminio di derivazione aerospaziale che usavano tutti, in quel momento. Oggi non c’è una grande differenza con i telai di quel tempo. Tutto quello che si sperimentò all’epoca, profili, spessori, forme e trattamenti, fa parte dei telai attuali, con qualche aggiunta come la curvatura del trasversale allo sterzo per fare spazio alla testa forcella e irrobustoire la zona senza fazzoletti di rinforzo. E se ci mettiamo insieme il nostro tubo di sterzo interamente forgiato, ecco che aumenta ancora di più la resistenza mantenendo la leggerezza necessaria.

I tubi Ritchey Logic ebbero un enorme successo, all’epoca. Come sono cambiati?

TR: L’ultima versione delle tubazioni Logic è quasi uguale a quella di 25 e passa anni fa, a parte alcune sezioni maggiorate e forme diverse. Pochi si sono resi conto di quanto fossero evoluti quei tubi, in quel periodo, tanto che le possibilità di miglioramento sono state minime. Li sviluppai dopo una decina di anni che facevo telai con i tubi di quell’epoca, che si saldavano alle congiunzioni microfuse, mentre io li volevo saldare in tig oppure saldobrasandoli testa a testa. Ecco perché dovevano essere diversi. Quelli di oggi rappresentano il risultato di tutti questi anni di sviluppo, probabilmente sono i migliori al mondo.

Con la popolarità della fibra di carbonio, perché scegliere l’acciaio? Solo nostalgia?

TR: No, non è solo nostalgia, l’acciaio ha molti punti forti. Il composito offre molto, l’alluminio poco. Il carbonio può essere rigido, leggero e avere forme compatte, cosa impossibile con l’alluminio: rigidità e leggerezza sono due termini molto importanti per le bici, le aziende lo sanno. Ma quando si pedala -intendo dire che si pedala davvero -, una bici in acciaio ha ancora delle qualità difficili da battere. É sufficientemente leggera, sufficientemente rigida ma molto confortevole sulle lunghe distanze, nei giri tosti. Poi ci sono i vantaggi delle taglie, della disponibilità del materiale e dei costi.

. DATI GENERALI

  • Produttore: Ritchey, eu.ritcheylogic.com
  • Distributore: Ritchey International
  • Prezzo indicativo: 1.296,00 € (solo telaio)
  • Misure disponibili: S-15, M-17, L-19
  • Colori: arancione
  • Peso bici completa: 11.760 grammi (senza pedali)
  • Peso ruota anteriore: 2.024 grammi
  • Peso ruota posteriore: 2.327 grammi
  • Tubazioni: acciaio
  • Forcella: RockShox Revelation RL Dual Air, corsa 130-150 mm, con comando remote OneLoc

. TRASMISSIONE

  • Comandi cambio: Sram X1 Trigger
  • Cambio posteriore: Sram X1
  • Guarnitura: Sram X1 1400 con bashguard, 30 denti, pedivelle 175 mm, movimento centrale integrato per scatola standard BSA 73 mm
  • Catena: Sram PC-X1
  • Pacco pignoni: Sram X1 11v, 10-42

. RUOTE

  • Ruote complete: Ritchey WCS Trail 27,5, ant. QR15, post. 12×142, corpo ruota libera XD
  • Coperture: Ritchey, anteriore Trail Bite 27,5″x2,25″, posteriore Trail Drive 27,5″x2,25″ tubeless ready, con camera d’aria

. ALTRI COMPONENTI

  • Freni: idraulici a disco Sram Guide R, rotori 180 mm
  • Reggisella: Ritchey WCS Alloy Trail Link, testa standard, 30,9×400
  • Sella: Ritchey WCS
  • Attacco manubrio: Ritchey WCS Trail 35, 70 mm
  • Curva manubrio: Ritchey WCS Trail Carbon Rizer 35, 780 mm
  • Serie sterzo: Ritchey WCS Drop-In, conica, semintegrata
  • Note: geometria per forcelle da 140 mm, attacco portaborraccia singolo, passaggio interno reggisella telescopico a scomparsa, supporto freno posteriore diretto per rotore da 180 mm, forcellini convertibili 12×142/QR135, garanzia a norma di legge sul telaio

. LE MISURE (in mm, taglia M),  Stack 605, Reach 390

tubo verticale reale 430 c/f, virtuale 620 c/c; tubo  superiore reale 555 c/c, virtuale 595 c/c; angolo sella 68°; angolo sterzo 64° (con forcella a 150 mm); passo 1120; carro 435; standover 800; altezza movimento centrale 330